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Genesi
concettuale, finalità etico-sociale, sperimentazione di materiali e tecniche, interattività:
ecco i quattro punti cardinali della trentennale attività artistica di Enrico
Morelli.
È
arte concettuale, la sua, perché antepone sempre l’idea all’opera. Le idee sono
le fonti e i motori di tutti i viaggi creativi di Morelli, delle loro motivazioni,
dei loro percorsi, dei loro obiettivi. Idee che nascono dal cortocircuito
io-mondo dell’artista, ovvero dalla sua cultura, dalle convinzioni e dalle suggestioni
che alimentano la sua visione della realtà e il suo coinvolgimento in essa, la sua
pensosa e premurosa attenzione, soprattutto, verso i problemi della società e
del mondo. Idee, dunque, che sono “temi” nel senso etimologico del termine: questioni
da porre sotto esame, criticità delle quali prendere coscienza, argomenti sui
quali ragionare e dibattere, direzioni da prendere o da scartare, proposte da
condividere.
Si
scorrano – nel sito personale dell’autore (www.enrymore.it)
– i titoli e i temi delle opere: la serie dei Pre-testi rivela già nel nome la genesi concettuale; nella serie QRt, poi, si va dall’etica filosofica
(il tempo di Seneca, lungo o corto non in sé ma in ragione dell’uso che se ne
fa, e la filosofia della libertà di Rudolf Steiner) alle suggestioni
scientifiche o, per meglio dire, di scienza applicata (precessione degli
equinozi, cimatica, serie di Fibonacci e sezione aurea, medicina naturale
ecc.), dai grandi problemi dell’attualità (inquinamento ambientale,
deforestazione, cambiamenti climatici, risorse energetiche e fonti alternative,
commercio delle armi, guerre mondiali dell’acqua, criminalità organizzata ecc.)
ai possibili modelli di cambiamento (rivoluzione agro-ecologica, permacultura
ecc.).
Basta
questo sommario elenco a mostrare come l’orizzonte etico-sociale sia un
fondamentale movente dell’arte di Morelli, consapevolmente e convintamente eteronoma.
Non arte per l’arte, ma arte per l’uomo, arte morale e politica nel senso più puro
di questi termini, capace, come rivendica lo stesso autore, di fungere da “disturbo
critico”, da pungolo al risveglio delle coscienze. Secondo Morelli, l’artista contemporaneo ha il dovere di
occuparsi del sociale: l’arte ha sempre avuto l’esclusivo privilegio di tenere
insieme etica ed estetica, ed oggi è la sola voce capace di dire – come il bambino della fiaba di
Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore –
che “il re è nudo”, rompendo i falsi incantesimi dei quali siamo prigionieri.
È
ovvio che un’arte con tali propositi debba misurarsi con il problema della comunicazione
e ricercarne le forme più dirette e
incisive. Ecco allora la sperimentazione di nuovi materiali e il ricorso
all’interattività.
Per
la ricerca sui materiali e per l’attenzione alla “fisicità” dell’opera, Morelli
si allontana dalla conceptual art,
che tende invece alla smaterializzazione dell’opera, ritenendo secondario e
quasi irrilevante il suo esito finale rispetto all’idea che lo genera e al
procedimento e al linguaggio che lo produce. Morelli non crede che idea di arte
e opera d’arte compiuta siano la stessa cosa, come sostiene Joseph Kosuth,
teorico del concettualismo; né crede che, per incidere con l’arte sul mondo di
oggi, possa bastare l’ideale realismo o reale idealismo leonardesco-rinascimentale,
per cui l’invenzione è sostanza e la realizzazione è forma secondaria e non
necessaria.
Volendo creare media
dal valore altamente comunicativo, Morelli guarda con estrema attenzione all’interfaccia
materiale delle sue opere, sotto tutti gli aspetti, recuperando anche, se
occorre, la componente figurativa (come
nei quadri della già ricordata serie dei Pre-testi
e, in parte, in quelli della serie acQRt).
Nella più recente stagione della sua produzione, è il tadelakt – il leggendario intonaco di Marrakesh, prodotto da
artigiani berberi che si tramandano da secoli i segreti della lavorazione – la
base materica delle sue opere.
Su
questo materiale dall’antico fascino culturale, poi, Morelli imprime modernissimi
codici QR (Quik Response, “risposta rapida”), grazie ai quali chiunque sia
dotato di uno smartphone, in
qualunque parte del mondo, può
interagire con le sue opere. Codici digitali, frutto della più moderna
tecnologia informatica, che sono tuttavia, per funzione pratica e potenzialità simbolica,
una sorta di variante attuale dei graffiti preistorici. Eccoci all’interattività,
dunque. Da sempre fondamentale ragion d’essere dell’arte, in quanto linguaggio
che esige la presenza di spettatori-fruitori, è divenuta nel ’900 una tendenza diffusa
(da John Cage a Fluxus, dagli happenings alle installazioni e alle performances, dalla body art alla land art e alla realtà virtuale) e
infinitamente potenziata dallo sviluppo della tecnologia digitale. Alla quale
anche Morelli fa ricorso per i suoi QR-codes.
Dal
Giardino degli artisti, a Cairo
Montenotte, dove vive e lavora, le sue opere possono così raggiungere in un
istante ogni angolo del pianeta, ed offrire i propri pensieri sul mondo per il
mondo, che tutti possono comprendere, perché l’arte sa parlare – lei sola – l’autentico
linguaggio universale.
Giannino
Balbis
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